SENTENZA PIOMBINO: A CHI GIOVA IL TERRORISMO MEDIATICO?

Mentre provavo ad acquistare online l’unico l’articolo trovato nel web che “forse” riportava la spesa sostenuta dal Comune di Piombino per il ricorso al TAR contro il rigassificatore, mi sono imbattuto nella prima pagina del giornale Il Tirreno del 26 gennaio che nel titolo indica l’importo che cercavo: “circa 290 mila euro”. Supponiamo, per prudenza, che la cifra sia comprensiva della condanna al pagamento delle spese per 90 mila euro, ne restano comunque 200 mila.

SE davvero fosse così -ma immagino che prima di scriverlo il giornale abbia verificato- quello del Sindaco sulla sentenza “punitiva” e “senza precedenti” sarebbe puro terrorismo, forse per salvare la faccia da un bagno di sangue: dato che è noto a tutti (o dovrebbe esserlo almeno a chi ne parla) che “le spese seguono la soccombenza”, essendo stati considerati infondati tutti i motivi e, di conseguenza, avendo “perso”, non ci sarebbe alcunché di strano nel dover pagare 30 mila euro a chi ha vinto.

Che poi i “vincitori” siano 3 e il totale faccia 90 mila significa solo che sono stati “sfidati” troppi avversari.

Leggendo la sentenza, di oltre 200 pagine, si capisce che il ricorso era monumentale, i motivi un’infinità, e quindi il lavoro degli avvocati di chi ha resistito non può che essere stato enorme e quindi costoso: SE (senza offesa per il giornale ma per prudenza continuiamo a mantenere il dubbio) il Comune avesse effettivamente speso 200 mila euro, si crede davvero che chi ha vinto si ripaghi le spese sostenute con i 30 mila euro che sono stati riconosciuti?

Parlare di sentenza “punitiva” e “mai vista prima” non può che fare indignare quanti, per ovvi motivi, si fidano di quello che dice un sindaco, soprattutto se è avvocato, alimentando la già grande sfiducia nelle istituzioni e spaventando chi eventualmente volesse presentare altri ricorsi al TAR o rivolgersi alla magistratura in generale. Ma l’aspetto spese è del tutto indipendente dalle valutazioni di merito: se si ritiene che i giudici abbiano sbagliato nell’applicazione della legge si potrà fare appello, ma scagliarsi contro la magistratura per giustificare quella che per il momento è una sonora sconfitta non fa certo bene a chi si impegna per difendere il proprio territorio.

Come non fa bene affermare che “per quanto le motivazioni di opposizione a una certa scelta siano fondate, le esigenze dei cittadini non sono una priorità”: confondere le scelte politiche con quello che si discute in tribunale non fa altro che intorbidire ulteriormente le acque disorientando i cittadini che già sono attaccati da una propaganda massiccia di disinformazione.

Quindi questa sentenza non deve spaventare ma, al contrario, deve essere di lezione a chi ingenuamente “spera” che un giudice possa opporsi a scelte politiche. Si facciano esposti, denunce e ricorsi ma con prudenza e rigore tenendo sempre presente che in tribunale conta poco ciò che è giusto e ciò che è vero: quello che conta è ciò che si riesce a PROVARE e dimostrare con teoremi inattaccabili. Tutto il resto va affrontato in altre sedi.

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